di Saverio Tutino è l'intervento pronunciato da Saverio Tutino in una delle serate del convegno su Ernesto che Guevara per amore della vita indetto dal comune di Roma (biblioteca Rispoli in particolare) con la collaborazione della fondazione che Guevara terminato il 14 novembre dello scorso anno. La versione che pubblichiamo è stata rivista dall'autore. Quaderni della fondazione Che Guevara volume 2 del 1999 speciale sulla Bolivia.
A 32 anni dalla sua morte l'elemento primario che mi resta dentro della sua persona è quell'orgoglio della dignità umana che lui sapeva dimostrare e anche inspirare agli altri o stimolare negli altri. Ho conosciuto due persone che avevano questa qualità evidente: il Che e Don Milani. Sono morti nello stesso anno, Guevara tre mesi dopo Milani. Per citare solo una frase di Lorenzo che si sarebbe potuta confondere con una del Che penso a quando il parroco di Barbiana, senza aver mai nominato Guevara ai suoi alunni, parlava del sogno di un mondo in cui "l'uomo deve essere a misura umana cioè personale e individuale". "El hombre nuevo" del Che, cioè quello de "L'uomo e il socialismo a Cuba", l'ultimo scritto pubblicato da Guevara aveva - nel sogno - la stessa configurazione.
Non ho la pretesa di riassumere tutto ciò che è stato scritto su questo tema d'epoca negli anni '60. Ma l'accostamento di due figure che hanno rappresentato due miti paralleli e convergenti mi pare non sia stato sottolineato spesso nel ricordo degli italiani. Tutti e due non hanno avuto paura di andare contro le istituzioni a loro più vicine pur di affermare verità impolitiche, scomode [patenti (?)] Lorenzo diceva che lui prima di parlare non consultava alcun altro principio che quello della verità, non esitando magari per essa, "a calpestare carità, spirito di corpo, educazione, edificazione..." E aggiungeva anche "onore mio", che per uno di cultura ispanica sarebbe stato "mi honra".
Lo spirito era lo stesso ed era in gran parte lo spirito dell'epoca quello che poi diventerà la "contestazione". Il Che se la prendeva con i giovani che a Cuba si mostravano troppo disciplinati rispetto al partito e ammoniva che un giovane comunista doveva "saper tenere alto il proprio nome individuale" (ecco un eco di don Milani), che bisognava "agire sempre come singoli individui" e essere capaci anche di disobbedire e di opporsi, ogni volta che ci si fosse accorti che qualcosa andava male, chiunque l'avesse prescritta.
"Saper discutere e chiedere chiarimenti su tutto ciò che non è chiaro..." raccomandava il Che con un'ostinazione alla don Milani: "la nostra gioventù deve essere sempre libera capace di discutere e di scambiare idee..."
E Lorenzo "il ragazzo va educato alla coscienza della propria dignità di uomo, di cittadino; alla propria responsabilità di uomo che pensa con la sua testa...".
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