venerdì 27 marzo 2015

"Il luogo in cui l'animatore più che in ogni altro dispiega la sua funzione è il gruppo. E' una aggregazione di ragazzi, di giovani, di adulti che si caratterizza per quattro elementari coordinate: la struttura, la finalità, la dinamica e le relazioni. [...]  Nella vita di un gruppo formativo, non quindi terapeutico, le preoccupazione fondamentale dell'animatore deve essere sempre quella di far crescere le persone attraverso una educazione profonda dell'interiorità, una positiva socializzazione e un continuo rapporto con la cultura del proprio mondo. [...]  La conoscenza delle energie dei membri del gruppo passa attraverso una relazione positiva tra le persone. Molti gruppi non mantengono clima, né riescono a pprodurre, perché le persone si danno per scontate, si sono sempre viste e mai collocate in una relazione seria, spesso si sono soltanto difese e non hanno mai messo a disposizione di tutti quello che sono. Servono pazienza e stimoli per far scattarevoglia di conoscersi e di confrontarsi."
(Klaus W. Vopel in: "giochi di interazione per adolescenti e giovani vol. 1" 1991)
"Scoprendo le mie risorse intime , posso canalizzare la mia aggressività e lo posso tanto meglio quanto più aiuto il mio ''nemico'' a scoprire le sue intime risorse per il bene."
(Bernhard Haring in: "il vangelo che ci guarisce - dialoghi sulla nonviolenza")
"Nella fase iniziale ci sono sei elementi di fondo, che permettono di creare un gruppo coeso e capace di collaborare. L'animatore di gruppo deve cercare di tenere davanti agli occhi tutti questi elementi e soppesarli in modo che essi si adattino alla personalità dei partecipanti, agli obiettivi del gruppo e alla durata del programma: conoscenza, fiducia, comunicazione, cooperazione, disponibilità ad apprendere, divertimento."
(Vopel in: "Giochi per crescere in gruppo" 2002)
"La fragilità dell'uomo planetario, la sua chiusura alla speranza di un mondo migliore, sembra dipendere da una serie di lacerazioni irrisolte fra locale-globale, reale-virtuale, identità-differenza, empiricità-interiorità, novità-perennità, tempo-eternità.
  Si avverte urgente il bisogno di una nuova sintesi culturale, di un nuovo umanesimo.
  La terapia pedagogica a tale dispersione d'identità può consistere nel puntare all'essere umano integrale, alla persona capace di concentrare, nel suo microcosmo, i molteplici aspetti del macrocosmo umano, l'universo sensibile e quello mentale, il mondo esteriore e quello interiore, l'evidenza e il mistero."  (Luciano Verdone in "Emergenza educativa - in un mondo che cambia" 2009)
"Gandhi ci insegna pure il segreto della conversione: non sta nel cambiare direzione ma nell'approfondire la propria tradizione.  [...]  Non possiamo però fermarci al piano personale. [...]  La nostra solidarietà con l'umanità intera fa sì che non abbiamo il diritto di abbandonare il bugiardo alla sua bugia, l'ingiusto alla sua ingiustizia, il cattivo alla sua cattiveria, poiché vi si perde con la sua anima anche la mia." (Joseph Pyronnet e Charles Legland in "la non-violenza come scelta d'amore" 1999) 
"Mediteremo a lungo la sua figura (quella di Gandhi ndr), la sua testimonianza. Egli ci costringe a rivedere la nostra mentalità che separa la politica dalla morale. Il nostro machiavellismo che si piega alla ragion di stato e che identifica politica con potere  e con astuzia. E ci mostra invece quale deve essere un uomo politico." (Fabrizio Fabbrini in "Ma liberaci dalla violenza")
"Il piccolo borgo di origine medievale, appollaiato sulla riva destra dell'Arno, una dozzina di chilometri da Arezzo, abbandonato definitivamente da tutti, anche dal parroco da almeno due anni, cadente e quasi del tutto coperto da una vite canadese rosso fuoco, ebbe in noi l'effetto di un colpo di fulmine. Lo vedemmo subito bello, ricostruito, ripopolato: forse, da un certo punto di vista, nacque lì la Cittadella della Pace, anche se formalmente la nascita porta la data di vent'anni dopo." (Franco Vaccari in "Amicizia Monti e Città" 2001)

martedì 24 marzo 2015

Dieci caratteristiche della personalità nonviolenta.
1.   Il ripudio della violenza.
2.   La capacità di identificare la violenza.
3.   La capacità di empatia.
4.   Il rifiuto dell'autorità.
5.   La fiducia negli altri.
6.   La capacità di dialogare.
7.   La mitezza.
8.   Il coraggio.
9.   L'abnegazione.
10. La pazienza
(Giuliano Pontara in: "La personalità nonviolenta" 1996)

giovedì 19 marzo 2015

"[..] mi sia consentito esprimere la mia gratitudine a Gandhi stesso. Non dimenticherò mai il sentimento di rispetto che - una volta superato il fascino di Gandhi politico e la riverenza che ispira il Gandhi uomo religioso - si prova per il Gandhi intellettuale, per il Gandhi teorico. Ciò si prova quando si scopre che quest'uomo analizzava ogni cosa in modo diverso perché aveva idee diverse, un modo diverso di vedere il mondo. Nella sua prospettiva, Est ed Ovest, nel senso in cui questi termini sono usati in Occidente in riferimento alle due parti dell'Europa, diventano molto simili: Gandhi è lontano da entrambi. E perché? Forse perché egli rifiuta sia la violenza diretta che quella strutturale, e non solo a parole, ma lottando contro entrambe."  (Johan Galtung in "Gandhi oggi - per un'alternativa politica nonviolenta") 
"La violenza genera sempre violenza: e la violenza che è stata generata dalla violenza ne genererà altra ancora. Quando si entra in un ciclo del genere non se ne esce facilmente. Ma ci deve essere un'altra via "  (Michel N. Nagler in "per un futuro nonviolento" "the search for a Nonviolent future. A promise of peace for ourselves, our families and our world")