lunedì 20 febbraio 2012

alcuni valori registrabili dalla documentazione delle riunioni, possiamo così riassumerli: a) documentazione sulla situazione, sulle persone; b) sviluppo del pensiero, dell'interesse, dell'attitudine; c) risposta ad una tanto profonda quando trascurata esigenza di comunione; d) sicurezza provienente dalla conquista collettiva della verità; e) semplicità di espressione e, talvolta, potenza lirica; f) nascita del bisogno, per chi ormai capisce, di una nuova pratica (Danilo Dolci in "conversazioni contadine" 1962)
il metodo: è una riunione di gruppo in cui ognuno costruisce sulla base delle proprie esperienze. Non rigidamente, pressappoco così si sviluppa la conversazione: ciascuno dei partecipanti alla riunione, uno per uno, a giro, esprime il suo punto di vista sul tema. Di solito si bada di far parlare per ultimi coloro che più potrebbero inibire gli altri o per superiorità di cultura, o per prestigio o altro: in modo che tutti possano esprimersi. Finito il giro, uno, l'altro, l'altro, chiedono la parola e si sviluppa un dibattito aperto. [..] Ciascuno ascolta e parla; alcuni preferiscono parlare più tardi, quando si saranno meglio chiarite le idee. Per ora io coordino le riunioni, tendendo a farli esprimere e ad enunciare verso la fine i punti comuni emersi dalla discussione. E' prevista una riunione per verificare e mettere a punto il metodo. (Danilo Dolci in "conversazioni contadine" 1962)

martedì 14 febbraio 2012

la società che il movimento nonviolento prefigura è una società dinamica, decentralizzata, poggiata sulle autonomie locali, sull'autogestione di ogni singola comunità - urbana, agricola, di fabbrica, ecc. In questa società è la funzione creativa insostituibile di ciascuno e di tutti che va rimessa in circolo senza imporre dall'alto delle scelte, senza risucchiare dal basso le energie (Davide Melodia in «Carceri: riforma fantasma» 1976)
[la nonviolenza] tende a ridurre ed eliminare gli schemi generici e impersonali. Noi viviamo troppo di questi schemi, e molte volte non ci curiamo d'altro ; ma non esistono gli schemi (gli amici, i nemici, i malati, gl'italiani, i religiosi, gli autisti, ecc.); esistono i singoli individui, e la vita fondamentale è quella che li considera nella loro singolarità insostituibile. Noi usiamo lo schema, per es. se cerchiamo un autista, e poi un altro autista, un libraio, ecc. Ma il progresso è proprio nel ridurre questo uso di schemi. La guerra invece è il mostro più immane di questo uso di schemi, che divora le singole individualità: non ci sono che i nostri e i nemici ; è perciò sommamente diseducatrice. (Aldo Capitini in "Religione aperta" 1955)
Quando si organizza una protesta nonviolenta, deve esistere l'elemento della verità e del buon diritto; tale diritto deve essere tale, sia alla luce di leggi scritte (cosa meno importante), che di leggi non-scritte, eque alla luce delle coscienza e della analisi sociale. La protesta deve essere fatta con sufficiente preparazione, da elementi capaci di non farsi provocare, in possesso di tensione sociale ma in grado di contenerla entro i limiti della protesta. Ogni manifestazione [..] deve essere compiuta nel rispetto dell'avversario, puntando con la forza della verità a fare venire alla luce le ingiustizie e le non-verità dell'azione che costui svolge. La giusta causa deve essere propagandata nel migliore dei modi, a molti livelli, coinvolgendo l'opinione pubblica. [..] Ogni forma possibile di boicottaggio, resistenza passiva, disobbedienza civile, raccolta di firme, sciopero, rifiuto di collaborazione ecc., deve essere applicata informando sempre della cosa amici e sostenitori in modo da non restare isolati e snobbati. (Davide Melodia in «Carceri: riforma fantasma» 1976)
Come strumento di conservazione del mondo, la nonviolenza è discutibile; come strumento di trasformazione in meglio, essa ha un valore inesauribile, appunto perché non fa modificazioni e spostamenti in superficie, ma va nel profondo, al punto centrale. (Aldo Capitini in "Religione aperta" 1955)

lunedì 13 febbraio 2012

Il compito di ogni attività nonviolenta [..] non è quella di comprimere la violenza che è nell'uomo, rischiando di rimetterla in circolo sotto altra veste o con un pretesto sufficientemente giustificato, ma di svuotare la carica di violenza, formatasi artificialmente nell'uomo per opera del progresso che ne ha gonfiato e moltiplicato le paure. (Davide Melodia in “Carceri: riforma fantasma” 1976)