lunedì 12 luglio 2021

COME PREPARARE LA TRANSIZIONE, IL PASSAGGIO, IL CAMBIAMENTO?  FAQ N.16

La rivoluzione è già al lavoro nelle micropratiche diffuse e nelle reti.

Il bel libro di Paul Hawken, Moltitudine inarrestabile (Blessed Un-rest, in originale, traducibile letteralmente in "benedetta irrequietezza"), contiene la prima ed evidente risposta alla domanda sul come preparare la transizione e il cambiamento dal sistema capitalistico oggi dominante, a una società equa ed ecologicamente sostenibile. La transizione è già in atto, come felicemente descritto dalla metafora dello stesso Hawken del sistema immunitario che crea gli anticorpi alla malattia, provocata dal mito nefasto e irresponsabile della crescita infinita in un mondo con risorse finite.

Con il linguaggio della filosofia della scienza si può affermare che le buone pratiche, la nostra "moltitudine inarrestabile", sono esperimenti che confutano il modello oggi dominante, la teoria economica neoclassica, secondo cui il sistema dei mercati capitalistici autoregolati sarebbe l'unico in grado di promuovere il benessere individuale {dell'homo oeconomicus) e, per sommatoria, il benessere sociale, garantendo la libertà individuale.

Il catalogo delle "buone pratiche" è davvero vasto: gruppi di acquisto solidali, banche del tempo, laboratori di autoproduzione, uso dei free software, microcredito, radio e tv di strada, welfare dal basso e di prossimità, last minute market, mobilità dolce e auto condivise, cohousing, cooperative di auto recupero, gestione condivisa dei beni comuni e molto altro [vedi Faq n.17]. Insomma, tutto ciò che ricostruisce legami e rapporti sociali e favorisce relazioni non mercificate.

A questo punto dobbiamo porci la domanda: è sufficiente che le buone pratiche si sviluppino spontaneamente e che, a un dato punto di saturazione, determinino un salto di paradigma, rendendo obsoleta la teoria economica dominante?

A nostro avviso no e per due ragioni che ci derivano dall'esperienza storica. La prima ha a che fare con il tempo. Un sistema economico come quello capitalistico si è costruito nell'arco di secoli, creando poco per volta le proprie istituzioni e le proprie teorie di sostegno: Adam Smith ha "scoperto/giustificato" e non "inventato" l'economia politica classica. Ma le nostre generazioni non hanno altrettanto tempo a disposizione per creare una nuova società basata su una diversa economia e su nuove istituzioni che la sorreggano. La limitatezza delle risorse naturali e il sommarsi delle disuguaglianze sociali fanno pendere la bilancia dalla parte del no [vedi Faq n.2].

La seconda ragione che la storia suggerisce è la capacità del sistema capitalistico di mutare, di assorbire le spinte al cambiamento, fagocitandole, piegandole ai propri fini. Anche in questo caso vale una metafora medica, quella del virus mutante in grado di aggirare le difese immunitarie, o paradossalmente, quella dello stesso sistema immunitario che sviluppandosi disordinatamente crea la malattia autoimmune, distruggendo il corpo che vorrebbe difendere. Pensiamo, concretamente, alla green economy che, nelle mani delle forze del mercato, può essere più utile a rigenerare il capitale che non gli ecosistemi naturali.

Per promuovere il cambiamento, tenuto conto dei due vincoli/pericoli sopra evidenziati, possiamo affermare che la via delle buone pratiche è sbagliata? Assolutamente no, ma possiamo affermare che sono la condizione necessaria ma non sufficiente per raggiungere lo scopo.

Occorre allora avere un qualche progetto che ci permetta di raggiungere l'obiettivo nel poco tempo ancora a nostra disposizione. Anche in questo caso possiamo ricavare buone indicazioni dalla storia: un progetto calato dall'alto va incontro al fallimento, perché imposto da una minoranza che per realizzarlo deve ricorrere alla violenza, così che la cura diventa peggiore del male.

Nel suo libro Hawken fa una giusta osservazione: la caratteristica della sua "moltitudine" è quella di avere una scarsa capacità di coesione, di condividere obiettivi a lungo termine. Perché? Perché i soggetti che la compongono sono tanti e si trovano a livelli e tempi di maturazione differenti, e perché muovono da motivazioni diverse.

Allora la transizione può essere vista come un obiettivo a medio termine, dove le buone pratiche imparano a fare fra loro rete, a interagire costruendo economia solidale "pezzo a pezzo", sperimentando e condividendo obiettivi, valori e nuove istituzioni per una nuova economia.

Fra le varie proposte che si stanno evidenziando, di particolare interesse è quella che punta alla costituzione di distretti di economia solidale, ovvero realtà territoriali delimitate dove le buone pratiche si organizzano in comunità capaci di rendersi autonome, almeno per la soddisfazione dei bisogni di sussistenza (mangiare, riscaldarsi, relazionarsi). Il "Km Zero", le filiere corte, le "8 R" di Latouche, sono tutti pezzi di un mosaico che possono trovare nella cornice del distretto una loro coerenza progettuale, in grado di innescare un processo di transizione che vada a buon fine.

Letture essenziali

Takis Fotopoulos, Per una democrazia globale, Elèuthera, 1999. André Gorz, lluscita dal capitalismo è già cominciata, in Ecologica, Jaca Book, 2009.

Paul Hawken, Moltitudine inarrestabile. Come è nato il più grande movimento al mondo e perché nessuno se ne è accorto, Edizioni Ambiente, 2009.

Rob Hopkins, Manuale pratico della transizione, Arianna, 2009. Serge Latouche, La scommessa della decrescita, Feltrinelli, 2006.

Siti

www.retecosol.org

in:  Bruna Bianchi, Paolo Cacciari,Adriano Fragano, Paolo Scroccaro "Immaginare la società della decrescita-percorsi sostenibili verso l'età del doposviluppo"  2012  Terra Nuova Edizioni

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