PERCHÉ DATE COSÌ TANTA IMPORTANZA AL "SENSO DEL LIMITE"? FAQ N.8
Perché la potenza di trasformazione dell'ambiente naturale raggiunta dalla tecnoscienza è tale da consigliare di tenerla sotto costante verifica.
Nell'ottica della cultura moderna e contemporanea, il "limite" assume una connotazione più che altro negativa: viene associato a qualcosa che ostacola la libertà e il raggio d'azione dell'attivismo umano. Si tratta perciò di lottare contro tutto ciò che figura come manifestazione di una tale forza limitatrice, considerata ostile nei riguardi del mondo umano.
Quasi tutta la cultura moderna trova il suo orizzonte di senso in questa battaglia contro il limite; le principali filosofie moderne non fanno altro che cercare di giustificare, nobilitare e sistematizzare questa visione bellicosa del mondo, incentrata su una pretesa di fondo, considerata ovvia: il diritto del genere umano - specialmente quello occidentale - a espandersi oltre ogni misura, abbattendo via via gli ostacoli, e poiché tra questi il principale è rappresentato dalla natura, l'appello alla lotta contro di essa diventa un monotono ritornello che accomuna le principali correnti della modernità, siano esse di tipo materialistico o spiritualistico. Bacone, Cartesio, Locke, Kant, Fichte, Hegel, Marx, non hanno fatto altro che proporre alcune varianti sul tema comune di fondo. Scienza e tecnologia diventano i mezzi decisivi per armare la volontà di potenza: è qui che l'antropocentrismo trova la sua elaborazione più potente, andando ben oltre le formulazioni premoderne legate soprattutto alla teologia monoteistica. Quando Francesco Bacone, all'alba della modernità, annuncia che il compito dell'uomo è quello di imitare il più possibile l'onnipotenza di Dio tramite la tecnoscienza, per diventare egli stesso superpotente a immagine di Dio, l'intima connessione tra teologia monoteistica, dominio tecnoscientifico e antropocentrismo diventa evidentissima.
A partire da istanze culturali di questo tipo, ha inizio un gigantesco processo di rimozione dei "limiti" e di espansione economica, tecnologica, scientifica, demografica, il tutto a danno della natura e del mondo non umano in generale, che vengono via via ridimensionati e rimodellati a uso umano: il resto è storia dei nostri giorni. Noi rappresentiamo il prolungamento, forse la fase finale, di un progetto di dominio e di espansione illimitata, iniziato alcuni secoli addietro. Non si può capire pienamente la tendenza fondamentale del nostro tempo - cioè la crescita illimitata - se si dimenticano queste premesse di fondo, che hanno alimentato innumerevoli speranze e illusioni in un mondo migliore. Noi oggi abbiamo il privilegio/responsabilità di verificare che questa portentosa spinta in avanti si è conclusa, e che essa, nonostante alcuni notevoli successi, non ha comunque dato i frutti sperati, ma ha riempito la Terra di rovine e inquietudini con cui fare urgentemente i conti.
Per usare il linguaggio di antiche saggezze che sono state scioccamente derise, siamo in presenza di un enorme squilibrio cosmico, dovuto al fatto che alcune "energie" (umane, economiche, tecnologiche ecc. ) sono cresciute in modo abnorme, alterando armonie ancestrali con esiti incontrollabili.
Nel corso di questa operazione di verifica dei nostri limiti, necessaria quanto in parte già avviata, è altresì doveroso rivalutare l'importanza dei saperi tradizionali, legati a economie di sussistenza, che hanno garantito la sopravvivenza di molti popoli in condizioni difficili per secoli e millenni: sono proprio le scienze attuali più avanzate, quelle rivolte alla sostenibilità, a riconoscere che su questo terreno abbiamo molto da imparare dalle saggezze e dai saperi preindustriali, dotati di una straordinaria esperienza per quanto riguarda la vita a contatto con la natura e con le sue regole. Un'esperienza che noi abbiamo perduto, essendoci affidati unicamente alla tecnologia, e ritenendo che questa potesse costruire un secondo mondo, quasi sostitutivo di quello naturale.
Il nostro tempo esige un riequilibrio, un passaggio dall'età dell'eccesso a quella della moderazione, della sufficienza, del bastevole: occorre riassorbire entro limiti di compatibilità quanto è andato fuori misura: troppi prelievi di risorse, troppi sprechi, troppi consumi, troppo gigantismo economico e tecnologico, troppo protagonismo umano. Non sarà facile: si tratta di ridiscutere le idee basilari che hanno strutturato il sapere di sfondo della modernità, orientato in senso antropocentrico e sviluppista. Nel tentare questa operazione epocale di risanamento, le saggezze cosmocentriche, incentrate sul senso del limite, ci vengono in soccorso: sarà giocoforza cercare di rivalutarle e riattualizzarle, con tutta la creatività di cui saremo capaci.
Letture essenziali
Mario Alcaro, Filosofie della natura, manifestolibri, 2006.
Fritjof Capra, Il punto di svolta, Feltrinelli, 1984.
Carolyn Merchant, La morte della natura. Donne, ecosfera e rivoluzione
scientifica. Dalla natura come organismo alla natura come macchina,
Garzanti, 1988.
Cristiano Viglietti, Il limite del bisogno, Mulino, 2011. Luigi Zoja, Storia dell'arroganza, Moretti e Vitali, 2003.
in: Bruna Bianchi, Paolo Cacciari,Adriano Fragano, Paolo Scroccaro "Immaginare la società della decrescita-percorsi sostenibili verso l'età del doposviluppo" 2012 Terra Nuova Edizioni