lunedì 12 febbraio 2024

Sette pratiche di riconciliazione

«In quattro giorni di dibattito vennero formulate sette pratiche di riconciliazione per ricomporre le dispute all'interno del sangha [..]
La prima pratica è detta sammukha-vinaya, "sedere faccia a faccia". La disputa deve essere esposta davanti all'intera comunità, in presenza di entrambe le parti in causa. Lo scopo è di dissuadere da discussioni private che hanno inevitabilmente l'effetto di influenzare e di far parteggiare per l'una o l'altra fazione, accrescendo la tensione e la discordia.
La seconda è detta smirti-vinaya, "ricostruzione dei fatti". Le parti si sforzano di ricostruire dall'inizio le cause della disputa. Si cerca di far luce sui minimi particolari. Quando vi siano, vengono presentate prove e testimonianze. La comunità ascolta in silenzio e attenzione per raccogliere tutti i dati utili alla comprensione della disputa.
La terza è detta amudha-vinaya, "non ostinazione". Si suppone la buona volontà delle parti di risolvere il conflitto, e la comunità si aspetta che entrambi i contendenti diano prova di ricercare la riconciliazione. L'ostinazione è da considerarsi negativa e controproducente. Se una parte ammette di aver violato un precetto per ignoranza o in un momento di agitazione mentale, senza intenzione di trasgredire, la comunità ne tiene conto in vista di una soluzione equa per entrambe.
La quarta è detta tatsvabbasiya-vinaya, "confessione spontanea". Le parti vengono incoraggiate ad ammettere la propria trasgressione senza bisogno di esservi spinte dal contendente o dalla comunità. La  comunità concede tutto il tempo per dichiarare le proprie colpe, per minime che siano. L'ammissione spontanea è un grande passo verso la riconciliazione e incoraggia la parte avversa a fare altrettanto.
La quinta è detta yadbbuyasikiya-vinaya, "decisione unanime". Sentite le due parti ed essendo palese la volontà dei contendenti di giungere a un accordo, la comunità emette un verdetto unanime.
La sesta è detta pratijnakaraka-vinaya, "accettazione del verdetto". Il verdetto viene pronunciato tre volte ad alta voce. Se nessuno protesta, è considerato vincolante. Le parti non hanno il diritto di opporsi, in quanto dichiarano di avere fiducia nella decisione della comunità e di accettare il verdetto, qualunque esso sia.
La settima pratica è detta trnastaraka-vinaya, "coprire il fango con la paglia". Nella riunione, un monaco anziano è delegato a rappresentare ciascuna delle due parti. Vengono scelti due monaci di grande levatura, che godono del rispetto del sangha. Essi ascoltano con attenzione e senza intervenire, quindi esprimono la propria alta opinione, pronunciando parole capaci di lenire e guarire le ferite, di indurre la riconciliazione e il perdono, così come, stendendo sul fango della paglia, si può passare senza insudiciarsi gli abiti. La presenza di tali monaci anziani fa sì che le parti accantonino più agevolmente i meschini interessi, che le amarezze vengano addolcite e la comunità possa esprimere un verdetto equo per entrambi i contendenti».

[ Thich Nhat Hanh in: "Vita di Siddhartha il Buddha" 1991 ]

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